Algoritmi indiani di Laila Wadia

Il mio 8 marzo lo dedico alle protagoniste del libro Algoritmi indiani. Per i miei standard, è stata una lettura a rilento, non perché non fosse avvincente, ma perché era troppo ricca di emozioni. Ogni storia di questo libro va metabolizzata, e non si può leggere tutto d’un fiato.  Dell’India si è detto e scritto molto. Quello che in questo libro colpisce è il contrasto tra le nuove generazioni, i figli che hanno studiato e che tendono quindi a “occidentalizzarsi” e invece le loro madri, che rimangono ancorate a tradizioni e a vissuti che non riescono a gettarsi alle spalle.
La storia si svolge nell’arco di un breve viaggio in treno, nella giornata in cui la protagonista, Rani scopre che la multinazionale americana per cui lavora è in crisi e comincia a ridurre i numeri anche nell’ economico call center di Mumbai. In quella carrozza per sole donne, mentre ritorna a casa, Rani si trova all’improvviso immersa in un concentrato della sua terra. Volti, colori, odori, parole. Un collage di piccole storie che diventano un racconto corale. Quella tra le tante, che mi ha colpito di più è la bambina che rubava i libri e che si nascondeva per leggerli. I suoi piedi scalzi, le sue trecce, e la sua infanzia perduta non mi lasceranno a breve.

 

 

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